ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

La fiaba di Antropo è quella di tutti noi!

E’ una fiaba quella di Antropo che Paolo Torsello ci racconta per accompagnarci attraverso la storia dell’Uomo. E’ la fiaba di chi ha negli occhi l’interesse e l’intelligenza per osservare con quello che lui definisce stupore. Si pone infinite domande Antropo, che da un lato lo portano a capire e scoprire il mondo che lo circonda e dall’altro non arrivano necessariamente ad individuare delle risposte ma generano altre domande, in quel processo di crescita che fa diventare cultura l’esperienza.

The story of Antropo is the story of all of us!

The fairytale of Antropo, as recounted by Paolo Torsello, is a story that guides us through the history of mankind. The tale is for those with the vision, the interest and the intellect, to observe what he defines as astonishment. Antropo asks himself unlimited questions which, on the one hand, lead him to discover and understand the world around him but, on the other, have no absolute answers and generate further questions which leads to the growth of cultural experience.




 

E’ fine, delicato, ironico, colto, architettonico e in qualche modo fisico-materico Fabula, il saggio di Paolo Torsello uscito quest’anno per i tipi di Mimesis. Racconta, in forma di fiaba, la sua, la nostra, la loro storia di restauratori, di storici, di artigiani, di costruttori, di persone di cultura, di architetti di tutti coloro che sono ansiosi di conoscere e di di-svelare i saperi, quegli straordinari saperi che ci circondano.
Sono quelli racchiusi gelosamente nel paesaggio, quelli nascosti nei materiali e nelle strutture delle architetture pre-moderne, e quelli che possiedono molti nostri simili e dei quali noi non siamo a conoscenza.
Ti riconosci spesso in questa raffinata fiaba, che si svolge attraverso i tempi e gli spazi della storia dell’uomo e spesso ti senti tu il soggetto, quando il personaggio coglie i frammenti del mondo che lo circonda, li aggancia, ci riflette sopra, s’interroga, sviluppa conoscenze, da cui ricava nuove interpretazioni e nuove culture.

E’ Antropo, il personaggio che Torsello ha inventato per accompagnarci nel suo lungo viaggio che comincia dalle epoche preistoriche e passa attraverso l’invenzione del fuoco, dei rapporti sociali, della calce, del muro, della decorazione e che lo portano gradualmente alla costruzione della Casa, del Tempio e della Città. Straordinari sono gli occhi di Antropo che indaga, osserva, s’interroga continuamente su tutto e poi osa risposte, che spesso generano altre domande, e così via in quel circolo virtuoso che lo porta a crescere progressivamente. Sono occhi e intelligenze i suoi che vorresti vedere in tutti coloro che ti sono vicino e con i quali lavori e studi: nei tuoi collaboratori, nei tuoi studenti, in tutti i giovani e meno giovani che ti circondano, spesso imprigionati in cellulari o tablet, che portano al sonno della mente.
E’ un’acuta intelligenza quella di Antropo, e Torsello la descrive con maestria; un’intelligenza che in qualche modo ribalta e anticipa il "Cogito ergo sum" di Cartesio in "Observo ergo cogito”. Perché il pensare dovrebbe essere una riflessione razionalistica a posteriori del percorso intrapreso: siccome guardo con stupore, la ragione garantisce che chi osserva con intelligenza pensa, e quindi è.
“Già, perché Antropo si stupiva di tutto. Lui non dava nulla per scontato, e qualsiasi cosa, apparentemente banale, come un filo d’erba, una foglia, un ciottolo, gli procuravano meraviglia, stupore. E questo non lo impensieriva, anzi se ne compiaceva, perché, a suo parere, lo stupore provoca curiosità, la curiosità accende le domande e queste spingono a cercare risposte. Di fatto lo stupore era all’origine di quasi tutto ciò che Antropo aveva imparato e sapeva fare. Il suo inguaribile desiderio di osservare e l’insistenza a chiedersi il perché di ogni cosa parevano appartenere alla sua stessa natura."
Ancora si chiedeva come mai gli altri suoi simili, salvo una piccola minoranza, erano del tutto estranei allo stupore a questa curiosità e meraviglia che suscitava in lui il mondo. "Pensò che fosse proprio necessario riapprendere a stupirsi, a diventare curiosi, a farsi delle domande. Sarà la ricerca delle risposte a produrre nuovo sapere a creare nuova cultura. Perché la cultura, a pensarci bene, non è semplice accumulo di nozioni: è sapere che produce sapere, invitandoci a riflettere, a generare pensiero.
Qualcuno ha detto che con la cultura non si mangia. Il che equivale a chiedersi: cosa ne facciamo del sapere?
La vera domanda è: come sarebbe il nostro mondo senza il sapere? Quello dei filosofi, dei pensatori, degli inventori, degli scienziati, dei poeti, degli artisti; oppure degli artigiani, degli esploratori, dei ricercatori.
Il sapere è nutrimento del mondo, il suo motore più potente, la forza che permette all'umanità di cambiare"
(p.62)

Così l’interrogarsi continuo spinto da questo stupore che ricorre, anche nella vita di Paolo Torsello, spinge la riflessione sui temi cari a noi tutti, temi che ci coinvolgono e spesso ci travolgono nella vita, nel lavoro, nella ricerca e nello studio.
Uno di questi è la bellezza nei risvolti della sua oggettività o soggettività; tema che viene affrontato in innumerevoli anche minori sfaccettature, chiedendosi come sia possibile provare la stessa emozione di fronte alla bellezza della natura e a quella dell'artifizio umano e, nel caso, dei bronzi di Riace. Bellezze entrambe sulle quali Antropo, osservando e riflettendo, ritiene necessarie una particolare forma di attenzione e cura nell’osservazione per poterne cogliere i caratteri costitutivi che sono alla base di ciascuna di esse.
Più avanti l’attenzione si sposta su quelli che Antropo definisce il prima e il dopo cioè il tempo.  Così, passando per il concetto di “presente” caro S. Agostino, arriva a scoprire la nascita della Storia sia quella con la S maiuscola, la cosiddetta Storia delle battaglie e dei Re, sia quella delle molte storie altre che ci circondano, non ultima quella della cultura materiale che ha rivoluzionato il pensiero e l’azione di noi restauratori.
Si ferma il nostro personaggio quando capisce che almeno tre aspetti distinguono l’uomo dagli altri animali del mondo: “è l’unico che possiede l’arte di guardare verso il cielo, ha il dono della parola e gode della capacità di interrogarsi”.
Come tutte le fiabe ti dispiace quando finisce e ti rattrista, perché vorresti che continuasse, vorresti vedere Antropo cimentarsi con quelle azioni che vengono dopo l’osservazione e la riflessione.

In realtà, ci sarebbe tutto lo spazio per inventare il secondo capitolo della fiaba approfondendo quel tema assai intrigante che si sviluppa quando l’osservazione e l’analisi diventano sintesi, ossia quando le valutazioni e le scelte della conoscenza si trasformano in indicazioni operative. In pratica, approfondendo quel rapporto che fa discutere spesso noi restauratori tra le valutazioni preventive e il progetto d’intervento in relazione sia al paesaggio culturale sia all’architettura storica e alla materia delle strutture.
Sarebbe interessante capire come Antropo si comporterebbe se fosse chiamato a intervenire a valle, ossia dopo aver formulato le valutazioni sulla base dei concetti di bello, di brutto, di tempo e sulla soggettività che segna sempre l’interpretazione di questi valori.
Perché nel campo della conservazione dell’architettura storica e del paesaggio i margini di operatività del giudizio sono indefinibili e per questo affascinanti; si riconosce che debbano essere limitati ma da essi non si può prescindere.
Da un lato per progettare il restauro sono necessarie profonda cultura e marcata specializzazione, altrimenti non si conoscono gli oggetti sui quali s’interviene, non si discernono le storie, le materie, le forme e gli invecchiamenti, i … silenzi che, tutti assieme, danno vita a quell’archivio che è il mondo che ci circonda; dall’altro lato è necessaria una particolare sensibilità e cultura per dare i limiti al giudizio storico-critico e artistico al fine di non ricadere subito nella prevaricazione del bene architettonico, nella distruzione … annientando così la memoria storica mentre il sapere perde la propria forza.

Bene! a questo punto non ci resta che augurare buon lavoro Paolo! Aspettiamo tutti “Fabula 2. Il ritorno di Antropo”!

 

NOTA Torsello P.B., “Fabula”, Mimesis 2017