ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

LETTERA DALLA LAGUNA VENETA

... riceviamo in redazione e pubblichiamo

Il progetto per ri-portare all’interno della città di Venezia le grandi navi prevede lo scavo di nuovi canali per circa un milione e mezzo di metri cubi. Con i fanghi tossici residuo degli scavi verranno create nuove isole in Laguna. L’impatto paesaggistico che la Laguna di Venezia pagherà per riavere nel Centro Storico le grandi navi sarà devastante sia per il contrasto delle sagome sul profilo della Città antica sia per l’enorme inquinamento elettromagnetico e dell’aria che ogni nave produce.

LETTER FROM THE VENETIAN LAGOON

...we receive in the editorial office and publish

The project to bring large cruise ships back into the city of Venice involves the excavation of new canals for approximately one and a half million cubic metres. New islands will be created in the lagoon with the toxic sludge left over from the excavations. The landscape impact that the Venice Lagoon will pay to have the large ships back in the Historic Center will be devastating both for the contrast with the ancient City and for the enormous electromagnetic and air pollution that each ship produces.




Buongiorno! Sono la Laguna Veneta.
  
Obiettivo di questa mia lettera è denunciare un pericolo imminente e avvisare che, se passeranno i devastanti progetti in corso di approvazione verrà messa definitivamente la parola fine al mio delicatissimo ambiente salmastro, fatto di micro profondità nei fondali e di delicato equilibrio tra terre emerse naturali e sinuosi canaletti, perché verrò trasformata definitivamente in un golfo, cioè un braccio di mare dove le grandi navi avranno libero e indiscriminato accesso.
Più precisamente, lo scavo dei canali necessario per ri-portare dentro la Città le immense navi da crociera prevede opere devastanti, quali la creazione con i fanghi tossici scavati di enormi isole artificiali, la creazione di un bacino di manovra e altre opere idrauliche non marginali, che di seguito descrivo. Queste profonde trasformazioni rappresentano l’atto finale di una gestione scellerata del mio paesaggio, che ho subito negli ultimi 150 anni senza soluzione di continuità con i politici di ogni colore nessuno escluso.
  
Prima però mi presento. A livello mondiale sono conosciuta perché al mio interno contengo la città più bella del mondo: Venezia, della quale però non voglio parlare. Nemmeno voglio trattare delle altre perle monumentali che possiedo: le isolette che circondano la Città, ossia l’isola di Murano, quella di Burano, Torcello; non voglio presentarmi nemmeno per quelle che sono le emergenze architettoniche e artistiche, i miei valori, come si diceva tempo fa. Voglio presentarmi perché sono un “paesaggio culturale”. La Laguna è Venezia e Venezia è la sua Laguna; il paesaggio non è separato e altra cosa dal contesto architettonico e urbanistico è un tutt’uno inseparabile.
  

In origine sono stata creata dall’apporto dei numerosi fiumi che sfociavano al mio interno e ho trovato un delicatissimo equilibrio tra acqua dolce e acqua salata, tra le correnti dei fiumi e quelle delle maree, tra i sedimenti scavati e quelli depositati. Senza presunzione sono o forse ero, tra i siti ambientali più particolari della Terra.
Una definizione felice e pertinente può essere quella di “paesaggio culturale”, nel quale da quasi due millenni uomo e natura hanno lavorato incessantemente come castori e convissuto in straordinaria armonia fino alle soglie dell’industrializzazione italiana, e cioè al secondo dopoguerra.
Ho una bibliografia sterminata e tantissime storie da raccontare, fatte da sapienti idraulici e profondi conoscitori dell’equilibrio geomorfologico del mio sito ambientale. Osservazioni, deduzioni, studi, sperimentazioni caute e attente valutazioni, erano queste le azioni che guidavano ogni intervento nei miei canali e nelle mie terre emerse; la centralità è stata per secoli la salvaguardia lagunare sovrintesa dalla prestigiosa Magistratura sopra alle Acque, alla quale il governo della Serenissima aveva demandato il mio controllo idraulico. Non mi dilungo in ciò, anche se sarebbe interessantissimo, ma ora tutto è cambiato. Il Professor D’Alpaos, profondo conoscitore del mio equilibrio idraulico e morfologico, ha notato in proposito che, contrariamente a oggi, “la laguna per secoli è stata sempre attentamente accudita privilegiando nei tecnici la sapienza e la preparazione … (D’Alpaos, “Sos Laguna”, Venezia, 2019).
Ecco! privilegiavano la conoscenza per potermi conservare nel modo più compatibile. Così nel ‘500 i fiumi (Brenta e Sile) sono stati spostati a sud e a nord, nel ‘700 è stato aperto un nuovo canale (canale dell’Orfano) con lo scopo di rivitalizzare aree centrali dello spartiacque che avevano poco scambio. Poi, ricordo i Murazzi, opera straordinaria di ingegneria idraulica finalizzata a salvarmi dalla furia del mare. Sono tutte opere che hanno privilegiato il mantenimento delle mie caratteristiche idrauliche-morfologico e paesaggistiche anziché piegarsi alle necessità economiche e commerciali e quindi, per capirci, per mantenermi per ciò che sono invece di trasformarmi in una zona da bonificare o da utilizzare per fini incompatibili con il mio sito.
  
Negli anni ‘60 del secolo scorso è iniziato un accanimento trasformativo, dettato esclusivamente dagli interessi economici, solo dalla speculazione, prima industriale e produttiva poi turistica e commerciale. Alla competenza idraulica e all’interesse principe di salvaguardarmi come Laguna si è sostituita così la volontà di trasformarmi stravolgendo il mio paesaggio, le mie caratteristiche fisico-paesaggistiche, la mia idrografia, il rapporto tra le mie terre e la mia acqua.
I miei delicatissimi paesaggi sono stati sfregiati con azioni violente e irreversibili che paradossalmente oggi vengono riproposte: mi hanno interrato le “barene”, che sono i miei polmoni, versandoci sopra milioni di fanghi tossici, mi hanno scavato canali profondi 15-18 metri senza valutare l’impatto irreversibile e dirompente che questi avrebbero creato nel mio idrosistema, laddove i fondali sono di 1 o 2 metri massimo. 
Ma non è tutto. E’ stata costruita la demenziale strada “Romea”, che argina una vasta area a sud, dove la marea non scorre e ristagna; sono state arginate tutte le valli da pesca che perimetrano la laguna; è stata bonificata la “barena” nord per costruire l’aeroporto, e poi è stata bonificata la “barena” sud per costruire la prima, la seconda e soprattutto la terza zona industriale. In pochi decenni senza sensibilità e cultura ambientale più di un quarto della mia superficie è stata interrata o comunque esclusa all’espansione delle maree, che ciclicamente mi allagano e mi prosciugano. 
Negli anni ‘70 è stato scavato il Canale dei Petroli, che ha portato la profondità del fondo lagunare dai 2 metri circa ai 18 (diciotto!!), collegando il mare attraverso il Porto di Malamocco alle viscere della zona industriale di Marghera. E’ evidente che scavando il fango limoso la corrente è aumentata e tutti i fondali per chilometri si sono drenati e approfonditi. Conseguenza è che tutta la mia Laguna sud è ormai un golfo, le “barene” sono state erose e sono scomparse, e il Canale dei Petroli deve ciclicamente essere scavato perché naturalmente la corrente lo interra.
  
Vecchie polemiche ma la situazione è questa. Tralascio per carità di patria la generale questione Mose sulla quale Luigi D’Alpaos ha scritto molto e in modo scientifico, documentato e soprattutto molto chiaro. Mi fa male parlarne. In pratica, lo scenario è quello di un secolo di devastazioni che hanno agito nel senso contrario rispetto a come si operava in epoca preindustriale.
La polemica sul passaggio delle navi da crociera all’interno del bacino più monumentale del mondo, il Bacino di San Marco, è cosa nota. Con una fatica titanica, perché c’è ancora chi le vorrebbe veder strisciare tra San Giorgio e Palazzo Ducale, sono state spedite a Marghera e lì dovrebbero restare. Il loro percorso ora è quello lungo il Canale dei Petroli, che ormai è fatto, anche se progetti alternativi e migliori le allocavano in aree esterne e più adatte.
Ma gli interessi economici e il potere dell’Autorità Portuale di Venezia sono talmente forti che sono riusciti a far ritornare le grandi navi all’interno della Città facendo approvare un progetto di scavi mastodontici e bonifiche degno del dopoguerra. Le navi non passeranno più per il Bacino San Marco (sai che concessione!) ma arriveranno dal Canale dei Petroli, lambiranno Marghera e tramite un nuovo canale che verrà scavato fino a 8/10 metri di profondità arriveranno alla Marittima, cioè di nuovo dentro la città monumentale.
Il progetto, sotto il profilo ambientale e paesaggistico, prevede un nuovo scavo del canale dei Petroli di ulteriori due metri e la formazione di un nuovo canale per un totale di 1.280.000 mc. (unmilioneduecentoottantamilametricubi!!!). Con i fanghi di scavo, che notoriamente sono inquinatissimi perché si sono depositati decenni di scarichi industriali del Petrolchimico e di tutte le industrie di quel bacino, verranno costruite “barene” artificiali in zone che non le avevano mai viste.
Ricordo che all’epoca dello scavo del Canale dei Petroli vi furono polemiche infinite contro la trasformazione di un’isoletta, l’isola delle Trezze, in una discarica di fanghi. Venne creata una vera e propria collina di fanghi inquinati depositati “provvisoriamente” in attesa della dismissione e rinaturalizzazione ambientale e paesaggistica.
   
Sono convinta che viviamo in un’epoca nella quale è indubbiamente cresciuta la cultura ambientalista, la sensibilità, l’attenzione e il rispetto non solo per le emergenze paesaggistiche ma anche per quei paesaggi delicatissimi, dei quali credo di fare parte. Ritengo che questo progetto devastante appartenga a un’altra epoca, a un altro mondo culturale, ossia quello delle logiche speculative, degli anni ‘60 del secolo scorso; oggi, un intervento di tale entità dovrebbe essere improponibile e la cultura deve attivarsi per fermarlo!
E’ appena il caso di sottolineare che una nave da crociera rappresenta il turismo più inquinante in assoluto sia per gli sprechi di cibo quotidiani, sia perché una nave resta sempre accesa, anche quando è ormeggiata, divorando gasolio e producendo un fortissimo inquinamento, sia perché il campo elettromagnetico di più navi ormeggiate in Marittima è stato misurato e l’incidenza di tumori rilevata tra gli abitanti delle zone limitrofe è altissima. E questi sono dati, non sensazioni. Ancora, una città che supera i 35 milioni di visitatori l’anno, dove i turisti quotidiani superano i residenti, ha necessità di facilitare l’ingresso di un ulteriore impattante turismo? Che prezzo paga il paesaggio per questo?
Ma come Laguna Veneta rilevo anche altre questioni di impatto paesaggistico che non sono trascurabili. L’altezza di una nave da Crociera è pari a un condominio di dodici piani, i palazzi a Venezia hanno mediamente 4, 5 piani e molte volte sono più bassi. Mi chiedo: che rapporto architettonico stabilisce una nave del genere con il costruito storico? E se invece di una sono 6, 7 oppure 8 ormeggiate contemporaneamente, come verrà percepita la mia città arrivando da nord, da sud, da est e da ovest? Diventeranno arredi fissi che prevaricheranno tutto il contesto urbano e paesaggistico di Venezia!

Concludo e vi saluto ricordandovi che io, Laguna Veneta, rischio a breve da un lato una trasformazione fisica di enorme entità, che prevede scavo di canali e sversamento di fanghi tossici in nuove isole, opere che saranno devastanti e irreversibili, e dall’altro lato un impatto … come definirlo? … mostruoso di queste sagome d’acciaio, che si ergeranno come torri all’interno del mio gracile centro storico e di un paesaggio che va scomparendo.
  
La Laguna Veneta