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Il ruolo del Committente in un progetto di architettura
Colui che commissiona un intervento di restauro per un edificio storico, rispetto al cliente dell’architetto che opera secondo la ristrutturazione e la nuova costruzione, è una figura di rilievo particolare: si avvia in un’impresa incerta e rischiosa in relazione a tempi e costi, mette in moto una iniziativa che viene riconosciuta essere nell’ambito dell’industria
culturale così, mescolando i due concetti, si espone ad un lungo e faticoso confronto tra la scoperta delle ragioni storico artistiche del manufatto, le soluzioni tecnico-costruttive, i contrasti che vengono a stabilirsi tra i vari ruoli posti in gioco, tutti opinabili, nessuno definitivo, più che altro un gioco di forze.
Lo sfregio dei Diamanti
Un malessere si propaga in modo malefico dalla storia dell’annullamento del concorso di Ferrara ed investe ogni altra soprintendenza d’Italia e gli architetti che, stante la possibilità di una simile incertezza del procedimento, valuteranno assai approfonditamente se partecipare ad un concorso pubblico di progettazione, per un intervento che coinvolga anche solo lateralmente, un edificio vincolato.
FORMALE O SOSTANZIALE?
Ben oltre le polemiche delle prime frenetiche ore, si propaga l’onda di tsunami causato dal crollo del viadotto autostradale “Morandi” di Genova, costituendo numerosi spunti di riflessione sui più vari aspetti che spingono verso un ripensamento del vasto settore delle costruzioni sia di natura tecnica, sia professionali. Tra tutti i punti di vista, intendiamo qui proporre una considerazione laterale.
Chi sarà e cosa farà l’Architetto nel 2040?
A luglio si è celebrato l’VIII Congresso nazionale degli architetti italiani “Abitare il paese”, incardinato su molti temi tra cui le città del futuro prossimo, una legge per l’architettura, l’immagine sociale dell’architetto e dell’urbanista. Non è stato invece trattato un altro tema vitale per la professione e per il Paese: Chi sarà e cosa farà l’Architetto nel 2040?
Attenzione, non si tratta di una domanda retorica, ma di interrogarci seriamente su chi sarà incaricato di coordinare la gestione del territorio tra 20 anni, di quali competenze dovrà essere in possesso, quale percorso di studi dovrà seguire.
Centri storici per un futuro prossimo
Che cosa comporta sul piano operativo un cambio di paradigma per la progettazione all’interno dei nuclei storici? Le condizioni per ottimizzare la vivibilità dei nuclei urbani sono spesso di natura immateriali: reti, relazioni, simboli, etc si possono progettare e sennò, almeno, si possono considerare nel quadro dei vincoli? Così come il lavoro non si crea per legge, il benessere non si decreta per norma, ma questo non vuol dire che esso non possa porsi come carattere guida o strategia dietro la progettazione. Ci serve una città impermanente e flessibile.
Persona o monumento?
La preoccupazione per la conservazione da un lato e l’attenzione incentrata sull’emergenza delle periferie, hanno portato a sottovalutare il processo di degrado dei centri storici minori i quali, anche se (e forse proprio per questo) inclusi e disciplinati da piani di recupero, congiuntamente ad una modificazione strutturale del commercio, hanno impedito di accorgersi del livello di decadenza ed abbandono delle migliaia di centri storici minori non inclusi in centri a vocazione turistica. E’ probabile che il mondo dell’architettura debba avviare un dibattito antimetrico rispetto a quello che si sviluppò lungo gli anni ’60 e ’70 e che sfociò nella legge 475 del 1978 con l’istituzione dello strumento dei piani di recupero e, di fatto, l’avvio di una tutela puntuale degli edifici più o meno degni di tutela inclusi nel perimetro dei centri storici maggiori, minori ed anche infimi.