ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

PAESAGGIO ALPINO

Segni dell'uomo e riuso compatibile

Lo studio dell'Osservatorio del Paesaggio del Trentino, condotto insieme alla STEP (Scuola Territorio e Paesaggio), approfondisce le tematiche del riuso e della conservazione dei masi e del paesaggio della valle dei Mòcheni, un'area alpina priva di centri abitati. Il lavoro si concentra sulla valorizzazione compatibile dei borghi in chiave turistica, mantenendo un profondo rispetto per l'identità storica e culturale. Lo studio propone soluzioni per il riutilizzo degli edifici rurali, come il modello "box in box", evitando restauri mimetici, ma favorendo progetti che bilanciano innovazione e tradizione. L'obiettivo è creare interventi compatibili con il paesaggio e la storia del luogo.

ALPINE LANDSCAPE

Signs of man and compatible reuse

The study by the Trentino Landscape Observatory delves into the issues of reuse and conservation of farms and the landscape of the Mòcheni valley, an Alpine area without inhabited centers.
The work focuses on the compatible valorisation of the villages in a tourist key, maintaining a deep respect for historical and cultural identity. The study proposes solutions for the reuse of rural buildings, such as the "box in box" model, avoiding restorations camouflage, but favoring projects that balance innovation and tradition. The goal is create interventions compatible with the landscape and history of the place.




“La storia, di fatto, si deposita nel paesaggio con tanti segni, anche minimi, che - (…) - ne raccontano i movimenti, cioè il farsi, il disfarsi e il rifarsi delle forme e delle organizzazioni della cultura che la determinano e dei paesaggi che ne sono la proiezione” [E. Turri, Il paesaggio e il silenzio. Venezia 2014 p.190].
Forse si può incominciare da questa citazione l’illustrazione dello studio del gruppo dell’Osservatorio del paesaggio del Trentino con la STEP (Scuola Territorio e Paesaggio) sulla conservazione e il riuso del paesaggio e dei masi di un’area incantata: la valle dei Mòcheni, sita nell’alta Valsugana in prossimità di Tento.
L’obiettivo del lavoro sta nel ricercare la via per un progetto di qualità che colga il delicato rapporto che il paesaggio costruito stabilisce con la storia, con il suo lento farsi, disfarsi e rifarsi.
E’ un sito paesaggistico particolare, nel quale i segni della cultura materiale dell’uomo si stratificano armoniosamente con le tracce dell’agricoltura e dell’allevamento spezzando solo per qualche istante il dominio della vegetazione. E’ una valle costellata di baite, di masi e da gruppi di case sparse in legno e pietra che si collocano in un paesaggio del tutto peculiare e suggestivo perché sostanzialmente privo di centri abitati.
E’ uno studio a più mani realmente ben fatto, come fanno bene le cose nel Trentino, è colto perché definisce ampiamente il contesto teorico e i principi che lo guidano e, al contempo, è concreto perché illustra esempi e realizzazioni di come si può intervenire con progetti sensibili e compatibili.
Il fine, com’è specificato nella presentazione del volume, è valorizzare l’”attrattività dei borghi”, anche a fini turistici, mantenendo lo sguardo rivolto ai valori identitari intrinseci del sito.
 

La trasformazione di edifici rurali in residenze o strutture turistiche è un processo complesso che richiede una riflessione approfondita non solo sulla loro conversione fisica, ma anche sulla preservazione della loro identità storico e culturale. Riconoscere e comprendere il valore delle preesistenze richiede un impegno condiviso e partecipato affinché ciascun intervento edilizio rappresenti l’esito di un dialogo rispettoso con la storia e le tradizioni locali. (…) Guardare alle tecniche del passato osservando come si costruiva per trarre ispirazione, rappresenta un approccio illuminato e sostenibile nella progettualità contemporanea che vede la trasformazione di questi edifici. Questo aspetto va oltre una semplice estetica nostalgica, promuovendo una connessione profonda con le radici culturali e un ritorno a principi costruttivi che possono essere significativi anche nei tempi odierni. (dal quaderno delle buone pratiche ed. STEP 2024).
 
E’ uno strumento di lavoro professionale rivolto a tutti i soggetti coinvolti, dai committenti, ai tecnici, agli artigiani e alle imprese, ognuno nel proprio ruolo e con la propria competenza. Giustamente, viene sottolineato, ogni edificio è un caso a sé e non è possibile generalizzare soluzioni, materiali e tipologie, quindi, le indicazioni tecniche sono suggerimenti discreti, consigli per una progettazione volta a conservare l’esistente, non sono impositivi come fosse un manuale e valgono appunto perché devono essere recepiti con spirito critico e con cultura. Questo fatto presuppone una progettazione del riuso e del restauro fondata su una profonda conoscenza non solo delle forme dei masi, delle baite e dei rustici, ma soprattutto dei loro procedimenti costruttivi e dei materiali di finitura che sono quei segni poveri che connotano quei borghi e quei paesaggi.

Delle linee guida concrete quindi per affrontare il restauro degli edifici rurali anche ad uso turistico dove vengono indicate soluzioni di intervento, già applicate in altri contesti, rispettose dell’immagine tradizionale di questi fabbricati e del paesaggio circostante in modo consapevole, rispettoso e di qualità elevata.
  
La prima parte del lavoro approfondisce il rapporto che la piccola comunità sociale ha stabilito con l’uso delle risorse agricole e pastorali
, costruendo i masi, prima singoli, poi crescendo con spazi funzionali quali la stalla, la porcilaia, l’orto, il caseificio, ecc. assumendo forme architettoniche e aggregazioni singolari e uniche.
Viene poi approfondito il sistema “maso” leggendone l’evoluzione funzionale distributiva che i tempi lunghi della storia hanno prodotto, vengono studiati i caratteri costruttivi, i materiali di finitura e altri aspetti della cultura edilizia povera nel loro rapporto con il paesaggio dal quale provengono. In questo senso viene approfondito il sistema costruttivo, che oggi si definirebbe a chilometri zero, ossia la cava poco distante dalla quale si estraevano le diverse tipologie di pietre, il bosco vicino con i suoi larici, gli abeti o le altre essenze che avevano tutte una funzione precisa.
La parte analitica approfondisce poi la storia sociale delle piccole comunità alpine che sta all’origine di quei borghi, la loro organizzazione, le abitudini, il lavoro, fino a descrivere il quotidiano, ossia le varie attività che impegnavano le famiglie.
Da questi approfondimenti si capisce il sistema costruttivo del maso, il perché dei suoi muri nelle diverse tipologie, dei suoi meravigliosi tetti, dei solai, degli sporti per essiccare le messi fino a quei documenti poveri spesso dimenticati quali le pietre, se in lastra o massello, i legni, se in tavole o in tronchi, gli intonaci, fino a quegli aspetti di dettaglio, che dettaglio non sono, quali i camini, le scale, le finestre, i ballatoi e tutti quei segni che connotano quelle particolari architetture.
  
La seconda parte, quella più operativa, per ora suggerisce e …sconsiglia. Sono due indirizzi fondamentali che già costituiscono un primo aiuto concreto alla progettazione: come sarebbe compatibile fare e come non si fa. Con molta sensibilità, dalla quale traspare un sapere vasto, lo studio fornisce indicazioni progettuali sia per controllare il rapporto preesistenza antica e nuova aggiunta nell’architettura del maso sia per controllare il rapporto con il paesaggio, che inevitabilmente si stabilisce con un riuso contemporaneo.
Quello di dare indicazioni concrete, tecniche e funzionali su ciò che si ritiene un progetto compatibile e ciò che invece oltrepassa quella linea immaginaria del fuorigioco, è un tema difficilissimo anche perché la sopravvivenza di questi manufatti è legata alla possibilità di trasformarli da edifici agricoli, quali stalle e fienili, in residenze temporanee, coibentate e riscaldabili.

Per affrontare questo riuso salvaguardando la materia e la struttura unitamente al paesaggio cui appartengono gli studiosi indicano degli schemi di progetto:
-box in box, un nuovo edificio coibentato dentro quello antico,
-riqualificazione energetica con pareti coibenti a ridosso ed in aderenza alle antiche strutture,
-inserti con parti trasparenti nelle pareti lignee.

Sono diverse soluzioni che possono essere a misura in un caso e prevaricanti in un altro, quindi, non sono generalizzabili e non vanno sempre bene. Consci di ciò gli autori portano esempi concreti non solo di tipologie progettuali ma di esecuzioni corredate di descrizioni tecniche, di finiture e di materiali.

  

E’ interessante notare che, pur nascendo da un profondo studio della storia del luogo e da studiosi che credono nella conservazione di questi contesti di rara bellezza, tutte le proposte evitano deliberatamente e costantemente il restauro inteso come mimesi stilistica o come integrazione analogica. Al contrario, in modo coraggioso gli autori propongono raffinate progettazioni architettoniche, soluzioni che dosano e equilibrano la modifica, che progettano l’addizione funzionale o tecnica, che insomma fanno architettura a fianco dell’esistente. Ma, e qui sta la particolarità del loro lavoro, la propongono tenendo costantemente presente i concetti di compatibilità e prevaricazione per rispettare il tempo e il paesaggio di quelle vallate alpine lì dove “Il tempo del paesaggio non è il tempo dell’uomo. Il tempo del paesaggio è il tempo del silenzio, il tempo dell’uomo è quello del rumore”. Ibid. p. 21.
  
Cesare Feiffer